Mi chiamo Alice, ho 20 anni e sono nata e cresciuta in una famiglia di persone credenti. Ho quindi sempre ascoltato gli insegnamenti della chiesa, dei miei genitori, dei miei familiari e tutti mi parlavano di Dio come di un Dio buono, di un Dio che amava l’uomo e che voleva avere un rapporto personale con lui, per questo aveva mandato Gesù come sacrificio. Inoltre mi era sempre stato detto che l’atto di avere fede è qualcosa di personale e che, anche se i miei genitori erano “credenti”, questo non rendeva credente anche me. Nonostante ciò sono cresciuta con l’idea di essere “credente” e, quando qualcuno mi chiedeva “credi in Dio?”, io rispondevo di si e gli spiegavo tutto ciò che mi era stato insegnato.
Verso i 16-17 anni ho iniziato a rendermi conto che la mia idea di Dio era diversa da quella dei miei genitori. Loro mi dicevano che Dio era buono ma io vedevo tutte le cose negative che accadevano intorno a me e pensavo “non potete dirmi che Dio è buono, Lui non è buono. Non mi potete dire che Gesù è venuto a morire per gli uomini e poi ci sono persone che muoiono ogni giorno. Mi state dicendo una cosa che non è vera.”
Così ho iniziato ad avere tanti contrasti con i miei genitori. La prima cosa di cui ho iniziato a dubitare era che la Bibbia fosse un libro con una autenticità storica. Dato che sono una persona molto curiosa, ho iniziato a fare una ricerca personale, consultando fonti storiografiche, leggendo dei libri che parlavano della storicità della Bibbia e parlando con persone che, prima di me, si erano fatte le mie stesse domande. Dopo un po’ di mesi ho iniziato a capire che nella Bibbia ci sono tanti riferimenti storici reali, abbiamo prove storiche dell’esistenza di tanti personaggi e dei luoghi citati nella Bibbia. Quindi ho iniziato a pensare che, se tutta una parte di Bibbia, quella storica e geografica, poteva essere considerata vera, forse poteva essere considerato vero anche il resto.
Incuriosita da questo ho iniziato a leggere la Bibbia ma con l’obiettivo di sminuire quello che mi insegnavano i miei genitori. Volevo infatti trovare le prove di situazioni in cui Dio si era comportato male con l’uomo, per dimostrare che si, Dio esisteva (non ho mai dubitato che ci fosse una “Causa Prima”) ma che non avesse interesse per l’uomo, che lo avesse creato e poi abbandonato a se stesso. Ho quindi iniziato a leggere l’Antico Testamento e, prendendo dei versetti di capitoli diversi, di libri diversi, li decontestualizzavo, li mettevo insieme per creare l’idea di Dio così come lo immaginavo io. Poi però, parlando con alcune persone della chiesa, ho compreso che avrei dovuto cercare di contestualizzare ciò che leggevo e così sono arrivata ad un punto in cui non avevo più domande da fare. Ero partita con mille dubbi, con l’idea che la Bibbia fosse un testo incoerente ma dopo mesi di ricerca mi rendevo conto che questo Libro non solo era coerente, ma c’era una logica e mi rendevo conto anche di tante situazioni in cui Dio aveva mostrato la sua fedeltà al suo popolo.
Sono poi passata al Nuovo Testamento che parla di Gesù e di un Dio che è presente nelle difficoltà dell’uomo, nella vita quotidiana. Ero cresciuta con dei genitori che mi avevano mostrato una fede concreta nelle difficoltà ma a me sembrava tutta una fantasia. Come poteva un Dio, che nemmeno si vede, essere presente nei momenti difficili? Sembrava tutto molto assurdo e decisi che non mi interessava. Pensavo infatti che in un momento per me difficile io avrei avuto bisogno di uno psicologo probabilmente, della mia famiglia, dei miei amici ma, sicuramente, non di Dio.
La mia idea era falsa. Dopo pochi mesi ho iniziato a passare un periodo molto difficile. Sono state quattro le cose che mi hanno fatto realmente ragionare e cambiare idea.
La prima è stata la morte di mio zio, una persona a cui ero molto legata. È morto pochi mesi dopo il Covid, quindi per tutto l’anno era stato isolato in una struttura e noi non siamo potuti andare a trovarlo. Quando è morto mi ricordo che mi sono sentita spiazzata, non avevo mai vissuto un lutto così vicino a me e non sapevo bene come affrontarlo. Mi colpirono due cose: la prima fu la reazione di mia zia quando siamo andati a darle la notizia. Dopo dei momenti di disperazione, appena riacquistata la lucidità, iniziò a pregare e a parlare di Dio come della persona che in quel momento era accanto a lei. Aveva la certezza che lo zio stesse bene e che anche lei lo sarebbe stata. In quel momento difficile lei aveva una consolazione mentre io non l’avevo. La seconda cosa che mi colpì furono i discorsi dei miei zii al funerale: non c’era rabbia, non c’era disperazione ma solo tanti bei ricordi e una fede certa. In quel momento di grande dolore per loro erano tuttavia tranquilli, mentre io non facevo altro che piangere.
Dopo poco più di un mese mia nonna ci ha lasciati. Era in ospedale per delle semplici terapie, ma il giorno prima che andassi a trovarla, morì. Lo trovai estremamente ingiusto, avevo una profonda rabbia nei confronti di Dio che non mi aveva permesso di vedere mia nonna. Mi colpì, durante il funerale, la preghiera che fece mio nonno davanti alla sua tomba: parlò di un Dio che ama l’uomo e aveva la sicurezza che non sarebbe stato solo perché Dio era con lui. Quella preghiera mi sconvolse.
Nei giorni successivi, ripensando a questi avvenimenti, mi tornò in mente un versetto che si trova in Giovanni 14:1
“Il vostro cuore non sia turbato, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Sembrava troppo facile. Eppure era ciò che in quei giorni vedevo nella vita delle persone intorno a me: nonostante stessero soffrendo in loro non c’era disperazione. Ma ciò non fu ancora abbastanza per farmi prendere una decisione. La mia vita continuava tranquillamente finché non ricevetti un messaggio sul gruppo della mia classe che diceva che un nostro compagno, a cui ero particolarmente legata, aveva avuto un incidente. Per una settimana non abbiamo saputo se si sarebbe risvegliato. Questo mi buttò davvero giù. Per tutto questo arco di tempo ho sofferto di attacchi di panico, ne soffrivo già prima ma dopo sono peggiorati e non trovavo mai un modo di stare meglio.
In quel momento ero circondata da persone che mi stavano vicino: avevo la mia famiglia, che mi accompagnava tutti i giorni a trovare il mio amico in coma, le persone della chiesa continuavano a scrivermi e a pregare, la scuola mise a disposizione uno psicologo, i nostri professori erano disponibili perché capivano la situazione. Pensavo che nel momento più difficile della mia giovane età avrei avuto bisogno di tutte queste persone per stare meglio. Invece il tempo passava e, anche quando il mio amico si risvegliò, mi resi conto che non stavo meglio. Nessuna persona che mi stava vicino riusciva a darmi tranquillità e pace.
Decisi di fare una prova: aprii l’applicazione della Bibbia e lessi il versetto in evidenza quel giorno: “Noi aspettiamo il Signore; egli è il nostro aiuto e il nostro scudo. In lui, certo, si rallegrerà il nostro cuore perché abbiamo confidato in lui.” Salmo 33:20-21.
Mi resi conto che una speranza io l’avevo, avevo una persona che stava aspettando solo che io prendessi la sua mano, cosa che avevo sempre rifiutato, per mesi, per anni. Ma in quel momento capii che avevo bisogno di Dio nella mia vita, di quella pace. Così pregai. Non fu una preghiera convenzionale ma io gettai su Dio tutta la rabbia che avevo, gli dissi che era stato ingiusto il fatto che non avessi rivisto mia nonna, dell’incidente del mio amico, gli dissi che era ingiusto il fatto che le persone morissero nel mondo, gli parlai di tutte le difficoltà di quei mesi. La mia preghiera si concluse con la richiesta di entrare nella mia vita. Io so che nella vita avrò delle difficoltà, so che ci sono persone che muoiono tutti i giorni in modo ingiusto, ma so anche che Dio ha provveduto ad un piano affinché questo non duri in eterno. Ho riconosciuto di aver bisogno di Dio e ho accettato il sacrificio di Gesù.
Poco dopo questi avvenimenti, ho dovuto affrontare un’altra situazione difficile: la malattia di mia mamma. Però, nonostante la tristezza e la paura di perderla, ho vissuto quel periodo in modo diverso, avevo infatti una certezza che prima non possedevo e questo mi è stato dato proprio da Dio.