da Redazione | 4 Ott, 2023 | Testimonianze
Mi chiamo Alex e sono nato e cresciuto in Colombia, un paese dove c’è sia gente buona che non, come nel resto del mondo. Ma forse quello che manca maggiormente lì è il timore di Dio.
All’età di dodici anni i miei genitori si sono separati e io sono andato a vivere con mio padre, mentre i miei fratelli sono andati a stare con mia madre. Poco tempo dopo, mio padre ha trovato una nuova compagna, cosi di me si è occupata mia nonna, una donna anziana ma con un cuore grande.
Finiti gli studi ho trovato un lavoro: lavoravo molto durante la settimana ma quando arrivava il weekend facevo la così detta “vita loca”, andavo cioè di festa in festa.
A ventisette anni ho incontrato Andrea, che oggi è mia moglie e, dopo circa un anno, è nato Dominique, nostro figlio. La mia vita scorreva come sempre, senza particolari cambiamenti. Poi ci siamo trasferiti in Cile, abbiamo vissuto lì fino a gennaio del 2022, data in cui siamo venuti in Italia, su invito di mia suocera.
Lei frequentava la chiesa, così ci ha invitato a partecipare alle riunioni a cui io andavo senza un particolare interesse. In seguito, una famiglia che frequentava la chiesa ci ha aperto la propria casa e ci ha invitato a leggere la parola di Dio insieme. Così ho iniziato a chiedere al Signore un segno.
Nel frattempo avevo anche riallacciato i rapporti con mia madre, che aveva conosciuto Cristo, e mi spingeva a frequentare la chiesa e a cambiare la mia vita. Pochi mesi fa mia madre è venuta a mancare ed io sono l’unico figlio che non è potuto andare al suo funerale. Ho preso la morte di mia madre come un segno.
Poco dopo mi è stata regalata da un fratello una Bibbia in spagnolo. Ho iniziato a leggerla e, in poco tempo, senza neanche accorgermene, l’avevo letta tutta e così ho compreso che l’unica via per la salvezza è Cristo!!
«… deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.»
Lettera agli Ebrei 12:1-2
da Redazione | 4 Ott, 2023 | Testimonianze
Mi chiamo Alice, ho 20 anni e sono nata e cresciuta in una famiglia di persone credenti. Ho quindi sempre ascoltato gli insegnamenti della chiesa, dei miei genitori, dei miei familiari e tutti mi parlavano di Dio come di un Dio buono, di un Dio che amava l’uomo e che voleva avere un rapporto personale con lui, per questo aveva mandato Gesù come sacrificio. Inoltre mi era sempre stato detto che l’atto di avere fede è qualcosa di personale e che, anche se i miei genitori erano “credenti”, questo non rendeva credente anche me. Nonostante ciò sono cresciuta con l’idea di essere “credente” e, quando qualcuno mi chiedeva “credi in Dio?”, io rispondevo di si e gli spiegavo tutto ciò che mi era stato insegnato.
Verso i 16-17 anni ho iniziato a rendermi conto che la mia idea di Dio era diversa da quella dei miei genitori. Loro mi dicevano che Dio era buono ma io vedevo tutte le cose negative che accadevano intorno a me e pensavo “non potete dirmi che Dio è buono, Lui non è buono. Non mi potete dire che Gesù è venuto a morire per gli uomini e poi ci sono persone che muoiono ogni giorno. Mi state dicendo una cosa che non è vera.”
Così ho iniziato ad avere tanti contrasti con i miei genitori. La prima cosa di cui ho iniziato a dubitare era che la Bibbia fosse un libro con una autenticità storica. Dato che sono una persona molto curiosa, ho iniziato a fare una ricerca personale, consultando fonti storiografiche, leggendo dei libri che parlavano della storicità della Bibbia e parlando con persone che, prima di me, si erano fatte le mie stesse domande. Dopo un po’ di mesi ho iniziato a capire che nella Bibbia ci sono tanti riferimenti storici reali, abbiamo prove storiche dell’esistenza di tanti personaggi e dei luoghi citati nella Bibbia. Quindi ho iniziato a pensare che, se tutta una parte di Bibbia, quella storica e geografica, poteva essere considerata vera, forse poteva essere considerato vero anche il resto.
Incuriosita da questo ho iniziato a leggere la Bibbia ma con l’obiettivo di sminuire quello che mi insegnavano i miei genitori. Volevo infatti trovare le prove di situazioni in cui Dio si era comportato male con l’uomo, per dimostrare che si, Dio esisteva (non ho mai dubitato che ci fosse una “Causa Prima”) ma che non avesse interesse per l’uomo, che lo avesse creato e poi abbandonato a se stesso. Ho quindi iniziato a leggere l’Antico Testamento e, prendendo dei versetti di capitoli diversi, di libri diversi, li decontestualizzavo, li mettevo insieme per creare l’idea di Dio così come lo immaginavo io. Poi però, parlando con alcune persone della chiesa, ho compreso che avrei dovuto cercare di contestualizzare ciò che leggevo e così sono arrivata ad un punto in cui non avevo più domande da fare. Ero partita con mille dubbi, con l’idea che la Bibbia fosse un testo incoerente ma dopo mesi di ricerca mi rendevo conto che questo Libro non solo era coerente, ma c’era una logica e mi rendevo conto anche di tante situazioni in cui Dio aveva mostrato la sua fedeltà al suo popolo.
Sono poi passata al Nuovo Testamento che parla di Gesù e di un Dio che è presente nelle difficoltà dell’uomo, nella vita quotidiana. Ero cresciuta con dei genitori che mi avevano mostrato una fede concreta nelle difficoltà ma a me sembrava tutta una fantasia. Come poteva un Dio, che nemmeno si vede, essere presente nei momenti difficili? Sembrava tutto molto assurdo e decisi che non mi interessava. Pensavo infatti che in un momento per me difficile io avrei avuto bisogno di uno psicologo probabilmente, della mia famiglia, dei miei amici ma, sicuramente, non di Dio.
La mia idea era falsa. Dopo pochi mesi ho iniziato a passare un periodo molto difficile. Sono state quattro le cose che mi hanno fatto realmente ragionare e cambiare idea.
La prima è stata la morte di mio zio, una persona a cui ero molto legata. È morto pochi mesi dopo il Covid, quindi per tutto l’anno era stato isolato in una struttura e noi non siamo potuti andare a trovarlo. Quando è morto mi ricordo che mi sono sentita spiazzata, non avevo mai vissuto un lutto così vicino a me e non sapevo bene come affrontarlo. Mi colpirono due cose: la prima fu la reazione di mia zia quando siamo andati a darle la notizia. Dopo dei momenti di disperazione, appena riacquistata la lucidità, iniziò a pregare e a parlare di Dio come della persona che in quel momento era accanto a lei. Aveva la certezza che lo zio stesse bene e che anche lei lo sarebbe stata. In quel momento difficile lei aveva una consolazione mentre io non l’avevo. La seconda cosa che mi colpì furono i discorsi dei miei zii al funerale: non c’era rabbia, non c’era disperazione ma solo tanti bei ricordi e una fede certa. In quel momento di grande dolore per loro erano tuttavia tranquilli, mentre io non facevo altro che piangere.
Dopo poco più di un mese mia nonna ci ha lasciati. Era in ospedale per delle semplici terapie, ma il giorno prima che andassi a trovarla, morì. Lo trovai estremamente ingiusto, avevo una profonda rabbia nei confronti di Dio che non mi aveva permesso di vedere mia nonna. Mi colpì, durante il funerale, la preghiera che fece mio nonno davanti alla sua tomba: parlò di un Dio che ama l’uomo e aveva la sicurezza che non sarebbe stato solo perché Dio era con lui. Quella preghiera mi sconvolse.
Nei giorni successivi, ripensando a questi avvenimenti, mi tornò in mente un versetto che si trova in Giovanni 14:1
“Il vostro cuore non sia turbato, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Sembrava troppo facile. Eppure era ciò che in quei giorni vedevo nella vita delle persone intorno a me: nonostante stessero soffrendo in loro non c’era disperazione. Ma ciò non fu ancora abbastanza per farmi prendere una decisione. La mia vita continuava tranquillamente finché non ricevetti un messaggio sul gruppo della mia classe che diceva che un nostro compagno, a cui ero particolarmente legata, aveva avuto un incidente. Per una settimana non abbiamo saputo se si sarebbe risvegliato. Questo mi buttò davvero giù. Per tutto questo arco di tempo ho sofferto di attacchi di panico, ne soffrivo già prima ma dopo sono peggiorati e non trovavo mai un modo di stare meglio.
In quel momento ero circondata da persone che mi stavano vicino: avevo la mia famiglia, che mi accompagnava tutti i giorni a trovare il mio amico in coma, le persone della chiesa continuavano a scrivermi e a pregare, la scuola mise a disposizione uno psicologo, i nostri professori erano disponibili perché capivano la situazione. Pensavo che nel momento più difficile della mia giovane età avrei avuto bisogno di tutte queste persone per stare meglio. Invece il tempo passava e, anche quando il mio amico si risvegliò, mi resi conto che non stavo meglio. Nessuna persona che mi stava vicino riusciva a darmi tranquillità e pace.
Decisi di fare una prova: aprii l’applicazione della Bibbia e lessi il versetto in evidenza quel giorno: “Noi aspettiamo il Signore; egli è il nostro aiuto e il nostro scudo. In lui, certo, si rallegrerà il nostro cuore perché abbiamo confidato in lui.” Salmo 33:20-21.
Mi resi conto che una speranza io l’avevo, avevo una persona che stava aspettando solo che io prendessi la sua mano, cosa che avevo sempre rifiutato, per mesi, per anni. Ma in quel momento capii che avevo bisogno di Dio nella mia vita, di quella pace. Così pregai. Non fu una preghiera convenzionale ma io gettai su Dio tutta la rabbia che avevo, gli dissi che era stato ingiusto il fatto che non avessi rivisto mia nonna, dell’incidente del mio amico, gli dissi che era ingiusto il fatto che le persone morissero nel mondo, gli parlai di tutte le difficoltà di quei mesi. La mia preghiera si concluse con la richiesta di entrare nella mia vita. Io so che nella vita avrò delle difficoltà, so che ci sono persone che muoiono tutti i giorni in modo ingiusto, ma so anche che Dio ha provveduto ad un piano affinché questo non duri in eterno. Ho riconosciuto di aver bisogno di Dio e ho accettato il sacrificio di Gesù.
Poco dopo questi avvenimenti, ho dovuto affrontare un’altra situazione difficile: la malattia di mia mamma. Però, nonostante la tristezza e la paura di perderla, ho vissuto quel periodo in modo diverso, avevo infatti una certezza che prima non possedevo e questo mi è stato dato proprio da Dio.
da Redazione | 27 Apr, 2022 | Testimonianze
Mi chiamo Matilde ed oggi sono una donna adulta che ama il Signore.
Ma non è stato sempre così.
Sono nata in un paesino della Puglia, in una famiglia in cui parlare di Dio equivaleva a riferirsi alle pratiche tradizionali della religione di Stato.
Mi erano stato impartiti i Sacramenti fin dal Battesimo, però non frequentavo le funzioni a parte l’Oratorio di tanto in tanto.
In casa circolava molta letteratura di tipo marxista perché mio padre ed i suoi cugini s’interessavano alle vicende storiche dei movimenti operai.
Crescevo giocando con le bambole e leggendo i classici della letteratura per bambini: “Il giro del mondo in 80 giorni”, “David Copperfield”, “Piccole donne”, “Il libro della giungla” etc.
Per motivi legati ad un’impresa di famiglia, andai in collegio per le scuole medie.
Ero da sola.
Il luogo era pulito e confortevole, gestito da suore che ancora oggi ricordo con affetto.
C’erano tante bambine.
Per un periodo ci stette anche la figlia del mio dottore del paese e fu un po’ come se fosse arrivata mia sorella. Che bel momento.
In collegio frequentavo regolarmente le funzioni religiose e cominciai a cantare nel coro.
Mi piaceva il collegio anche se in certi momenti mi “mordeva” la nostalgia del calore familiare.
In collegio avevo portato qualche libro da casa che custodivo con cura.
Durante l’estate del primo anno, mi affezionai al “Capitale” di Carlo Marx ma lo abbandonai a favore dei libri della biblioteca di classe. Leggevo tanto, anche di notte e così vinsi per due anni un premio in denaro. Un anno, durante le vacanze di Natale ritornai in famiglia e mia sorella grande mi raccontò che lei, INVECE, stava leggendo la Bibbia.
COSA?
La Bibbia per me era “IL” libro sacro che usavano i sacerdoti.
Vedevo che le suore trattavano sempre il libro con grande rispetto.
Io leggevo i testi della Bibbia solo durante la messa e mia sorella… gla “usava”.
MAH.
Comunque dopo quella vacanza ritornai in collegio con un Vangelo che cominciai a leggere e, poco dopo, mi arrivò per posta una Bibbia in regalo.
Ricordo quanto fui stupita la prima volta che, ascoltando una lettura durante la messa, la riconobbi.
Fu un bel momento.
Leggere la Bibbia mi affascinava. C’erano storie d’amicizia, d’avventura, di lotte.
Ogni pagina era una scoperta. Andavo a cercare sull’Atlante i luoghi e nel Vocabolario le parole nuove. Questo mio interesse non passò inosservato ed una sera mi fu vietato di restare a leggere nello studio. Dopo qualche minuto scoprii che INVECE ad un’altra ragazza era stato permesso perché NON doveva leggere ma prepararsi per il compito che ci sarebbe stato l’indomani.
Dichiarai l’ingiustizia ed i toni si alzarono.
Restai nello studio e quella sera pregai una preghiera parlata, una preghiera del cuore,
così come avevo visto fare a mia sorella prima di dormire e dissi: «Signore non so chi sei. Non so quello ch’è giusto perché sono piccola. Se, però, è vero che tu puoi cambiare il mio cuore e lavare i miei peccati, TI PREGO, entra nella mia vita. Voglio appartenere a Te».
CHE BELLO!!! Che emozione.
Non ho mai trovato le parole giuste, quelle che potessero esprimere bene lo stato d’animo di quel momento. Allora, per la prima volta, sapevo che qualcosa era cambiato. Io mi ero rivolta a Dio e…
Aprii la Bibbia a caso e lessi:
“L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza, di chi temerò?
L’Eterno è il baluardo della mia vita, di chi avrò paura? “
Salmo 27.1
Ancora oggi queste parole hanno un peso speciale nel mio cuore.
Da quel giorno dicevo a tutte le persone che è importante leggere la Bibbia.
È stato così che ho scoperto “la cristianità”.
Le voci, le pratiche, i riti. Le tante sfaccettature di spiritualità che esistevano nel mio piccolo paese.
Parlando riconoscevo la mia ignoranza. Tutti avevano ragionamenti e paroloni importanti che in qualche modo mi confondevano.
PERÒ
“Il Signore è la MIA luce e la MIA salvezza”
Ne parlai con mia sorella che da qualche tempo frequentava, pur senza convinzione, un gruppetto di Testimoni della Torre di Guardia. Lei disse che NON le era del tutto chiaro quello che volevo PERÒ quello che le stavo dicendo rispetto alla mia esperienza personale le faceva ricordare le parole di una ragazza che aveva conosciuto da poco.
Questa ragazza era poco più grande di me, viveva solo con suo padre perché era figlia unica ed aveva perso da poco tempo la mamma malata di cancro.
Mi colpì il fatto che diceva: «Mia madre è andata con il Signore!»
NON le ho sentito dire mai: «Mia madre è morta».
Parlammo di questo e la sua fede radicata nelle promesse del Signore mi colpì moltissimo.
Mi colpì la luce dei suoi occhi mentre parlava di Gesù e di quanto fosse importante nella sua vita.
Oh! Finalmente avevo trovato qualcuno che poteva capirmi e, quando glielo dissi, lei sorridendo rispose: «Ci sono altre persone».
Io e mia sorella decidemmo di andare la domenica successiva ad una riunione.
L’appuntamento ci fu dato in una casa nuova. Arrivammo in anticipo e fummo accolte in una stanza a piano terra completamente vuota che piano piano venne riempita di sedie.
La riunione cominciò ed in tutto eravamo una decina di persone.
Era estate e faceva caldo. Ma che ci stavo a fare lì?
Mi guardai intorno e vidi che le persone erano serie, concentrate e sorridevano. Chiusi gli occhi e pregai. Alla fine della riunione condivisi con loro la mia esperienza ed ascoltai i loro racconti.
Ci guardavamo e ci scoprivamo uguali, illuminati dalla stessa luce, uniti nello stesso amore.
Non li ho più lasciati.
Naturalmente i miei genitori, quando videro la mia assiduità a queste frequentazioni, cercarono di farmi cambiare idea. Avevano paura che stessi facendo qualcosa di male. Questa loro diffidenza mi dispiaceva e ci furono momenti difficili.
Io dicevo sempre che frequentavo liberamente le riunioni, che si tenevano in luoghi NON chiusi a chiave e perciò, se non fossi stata bene, avrei potuto andare via in qualunque momento.
Oggi sono passati più o meno quarant’anni e NON mi sono mai pentita della mia scelta anzi, nell’ambito delle mie possibilità, incoraggio le persone ad avvicinarsi a Dio, a conoscerlo attraverso la Sua Parola, la Bibbia, e ad incontrarlo nella preghiera.
Io stessa, nella quotidianità, nelle scelte di vita, nelle priorità che mi sono data, ho fatto della fede un elemento basilare, la parte fondante di me stessa.
Oggi, come ieri…
“L’Eterno è il baluardo della mia vita”.