“Fissando lo sguardo su Gesù”

Mi chiamo Alex e sono nato e cresciuto in Colombia, un paese dove c’è sia gente buona che non, come nel resto del mondo. Ma forse quello che manca maggiormente lì è il timore di Dio.
All’età di dodici anni i miei genitori si sono separati e io sono andato a vivere con mio padre, mentre i miei fratelli sono andati a stare con mia madre. Poco tempo dopo, mio padre ha trovato una nuova compagna, cosi di me si è occupata mia nonna, una donna anziana ma con un cuore grande.
Finiti gli studi ho trovato un lavoro: lavoravo molto durante la settimana ma quando arrivava il weekend facevo la così detta “vita loca”, andavo cioè di festa in festa.
A ventisette anni ho incontrato Andrea, che oggi è mia moglie e, dopo circa un anno, è nato Dominique, nostro figlio. La mia vita scorreva come sempre, senza particolari cambiamenti. Poi ci siamo trasferiti in Cile, abbiamo vissuto lì fino a gennaio del 2022, data in cui siamo venuti in Italia, su invito di mia suocera.
Lei frequentava la chiesa, così ci ha invitato a partecipare alle riunioni a cui io andavo senza un particolare interesse. In seguito, una famiglia che frequentava la chiesa ci ha aperto la propria casa e ci ha invitato a leggere la parola di Dio insieme. Così ho iniziato a chiedere al Signore un segno.
Nel frattempo avevo anche riallacciato i rapporti con mia madre, che aveva conosciuto Cristo, e mi spingeva a frequentare la chiesa e a cambiare la mia vita. Pochi mesi fa mia madre è venuta a mancare ed io sono l’unico figlio che non è potuto andare al suo funerale. Ho preso la morte di mia madre come un segno.
Poco dopo mi è stata regalata da un fratello una Bibbia in spagnolo. Ho iniziato a leggerla e, in poco tempo, senza neanche accorgermene, l’avevo letta tutta e così ho compreso che l’unica via per la salvezza è Cristo!!
«… deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.»
‭‭Lettera agli Ebrei‬ ‭12‬:‭1-2

“In lui si rallegrerà il nostro cuore”

Mi chiamo Alice, ho 20 anni e sono nata e cresciuta in una famiglia di persone credenti. Ho quindi sempre ascoltato gli insegnamenti della chiesa, dei miei genitori, dei miei familiari e tutti mi parlavano di Dio come di un Dio buono, di un Dio che amava l’uomo e che voleva avere un rapporto personale con lui, per questo aveva mandato Gesù come sacrificio. Inoltre mi era sempre stato detto che l’atto di avere fede è qualcosa di personale e che, anche se i miei genitori erano “credenti”, questo non rendeva credente anche me. Nonostante ciò sono cresciuta con l’idea di essere “credente” e, quando qualcuno mi chiedeva “credi in Dio?”, io rispondevo di si e gli spiegavo tutto ciò che mi era stato insegnato.
Verso i 16-17 anni ho iniziato a rendermi conto che la mia idea di Dio era diversa da quella dei miei genitori. Loro mi dicevano che Dio era buono ma io vedevo tutte le cose negative che accadevano intorno a me e pensavo “non potete dirmi che Dio è buono, Lui non è buono. Non mi potete dire che Gesù è venuto a morire per gli uomini e poi ci sono persone che muoiono ogni giorno. Mi state dicendo una cosa che non è vera.”
Così ho iniziato ad avere tanti contrasti con i miei genitori. La prima cosa di cui ho iniziato a dubitare era che la Bibbia fosse un libro con una autenticità storica. Dato che sono una persona molto curiosa, ho iniziato a fare una ricerca personale, consultando fonti storiografiche, leggendo dei libri che parlavano della storicità della Bibbia e parlando con persone che, prima di me, si erano fatte le mie stesse domande. Dopo un po’ di mesi ho iniziato a capire che nella Bibbia ci sono tanti riferimenti storici reali, abbiamo prove storiche dell’esistenza di tanti personaggi e dei luoghi citati nella Bibbia. Quindi ho iniziato a pensare che, se tutta una parte di Bibbia, quella storica e geografica, poteva essere considerata vera, forse poteva essere considerato vero anche il resto.
Incuriosita da questo ho iniziato a leggere la Bibbia ma con l’obiettivo di sminuire quello che mi insegnavano i miei genitori. Volevo infatti trovare le prove di situazioni in cui Dio si era comportato male con l’uomo, per dimostrare che si, Dio esisteva (non ho mai dubitato che ci fosse una “Causa Prima”) ma che non avesse interesse per l’uomo, che lo avesse creato e poi abbandonato a se stesso. Ho quindi iniziato a leggere l’Antico Testamento e, prendendo dei versetti di capitoli diversi, di libri diversi, li decontestualizzavo, li mettevo insieme per creare l’idea di Dio così come lo immaginavo io. Poi però, parlando con alcune persone della chiesa, ho compreso che avrei dovuto cercare di contestualizzare ciò che leggevo e così sono arrivata ad un punto in cui non avevo più domande da fare. Ero partita con mille dubbi, con l’idea che la Bibbia fosse un testo incoerente ma dopo mesi di ricerca mi rendevo conto che questo Libro non solo era coerente, ma c’era una logica e mi rendevo conto anche di tante situazioni in cui Dio aveva mostrato la sua fedeltà al suo popolo.
Sono poi passata al Nuovo Testamento che parla di Gesù e di un Dio che è presente nelle difficoltà dell’uomo, nella vita quotidiana. Ero cresciuta con dei genitori che mi avevano mostrato una fede concreta nelle difficoltà ma a me sembrava tutta una fantasia. Come poteva un Dio, che nemmeno si vede, essere presente nei momenti difficili? Sembrava tutto molto assurdo e decisi che non mi interessava. Pensavo infatti che in un momento per me difficile io avrei avuto bisogno di uno psicologo probabilmente, della mia famiglia, dei miei amici ma, sicuramente, non di Dio.
La mia idea era falsa. Dopo pochi mesi ho iniziato a passare un periodo molto difficile. Sono state quattro le cose che mi hanno fatto realmente ragionare e cambiare idea.
La prima è stata la morte di mio zio, una persona a cui ero molto legata. È morto pochi mesi dopo il Covid, quindi per tutto l’anno era stato isolato in una struttura e noi non siamo potuti andare a trovarlo. Quando è morto mi ricordo che mi sono sentita spiazzata, non avevo mai vissuto un lutto così vicino a me e non sapevo bene come affrontarlo. Mi colpirono due cose: la prima fu la reazione di mia zia quando siamo andati a darle la notizia. Dopo dei momenti di disperazione, appena riacquistata la lucidità, iniziò a pregare e a parlare di Dio come della persona che in quel momento era accanto a lei. Aveva la certezza che lo zio stesse bene e che anche lei lo sarebbe stata. In quel momento difficile lei aveva una consolazione mentre io non l’avevo. La seconda cosa che mi colpì furono i discorsi dei miei zii al funerale: non c’era rabbia, non c’era disperazione ma solo tanti bei ricordi e una fede certa. In quel momento di grande dolore per loro erano tuttavia tranquilli, mentre io non facevo altro che piangere.
Dopo poco più di un mese mia nonna ci ha lasciati. Era in ospedale per delle semplici terapie, ma il giorno prima che andassi a trovarla, morì. Lo trovai estremamente ingiusto, avevo una profonda rabbia nei confronti di Dio che non mi aveva permesso di vedere mia nonna. Mi colpì, durante il funerale, la preghiera che fece mio nonno davanti alla sua tomba: parlò di un Dio che ama l’uomo e aveva la sicurezza che non sarebbe stato solo perché Dio era con lui. Quella preghiera mi sconvolse.
Nei giorni successivi, ripensando a questi avvenimenti, mi tornò in mente un versetto che si trova in Giovanni 14:1
“Il vostro cuore non sia turbato, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Sembrava troppo facile. Eppure era ciò che in quei giorni vedevo nella vita delle persone intorno a me: nonostante stessero soffrendo in loro non c’era disperazione. Ma ciò non fu ancora abbastanza per farmi prendere una decisione. La mia vita continuava tranquillamente finché non ricevetti un messaggio sul gruppo della mia classe che diceva che un nostro compagno, a cui ero particolarmente legata, aveva avuto un incidente. Per una settimana non abbiamo saputo se si sarebbe risvegliato. Questo mi buttò davvero giù. Per tutto questo arco di tempo ho sofferto di attacchi di panico, ne soffrivo già prima ma dopo sono peggiorati e non trovavo mai un modo di stare meglio.
In quel momento ero circondata da persone che mi stavano vicino: avevo la mia famiglia, che mi accompagnava tutti i giorni a trovare il mio amico in coma, le persone della chiesa continuavano a scrivermi e a pregare, la scuola mise a disposizione uno psicologo, i nostri professori erano disponibili perché capivano la situazione. Pensavo che nel momento più difficile della mia giovane età avrei avuto bisogno di tutte queste persone per stare meglio. Invece il tempo passava e, anche quando il mio amico si risvegliò, mi resi conto che non stavo meglio. Nessuna persona che mi stava vicino riusciva a darmi tranquillità e pace.
Decisi di fare una prova: aprii l’applicazione della Bibbia e lessi il versetto in evidenza quel giorno: “Noi aspettiamo il Signore; egli è il nostro aiuto e il nostro scudo. In lui, certo, si rallegrerà il nostro cuore perché abbiamo confidato in lui.” Salmo 33:20-21.
Mi resi conto che una speranza io l’avevo, avevo una persona che stava aspettando solo che io prendessi la sua mano, cosa che avevo sempre rifiutato, per mesi, per anni. Ma in quel momento capii che avevo bisogno di Dio nella mia vita, di quella pace. Così pregai. Non fu una preghiera convenzionale ma io gettai su Dio tutta la rabbia che avevo, gli dissi che era stato ingiusto il fatto che non avessi rivisto mia nonna, dell’incidente del mio amico, gli dissi che era ingiusto il fatto che le persone morissero nel mondo, gli parlai di tutte le difficoltà di quei mesi. La mia preghiera si concluse con la richiesta di entrare nella mia vita. Io so che nella vita avrò delle difficoltà, so che ci sono persone che muoiono tutti i giorni in modo ingiusto, ma so anche che Dio ha provveduto ad un piano affinché questo non duri in eterno. Ho riconosciuto di aver bisogno di Dio e ho accettato il sacrificio di Gesù.
Poco dopo questi avvenimenti, ho dovuto affrontare un’altra situazione difficile: la malattia di mia mamma. Però, nonostante la tristezza e la paura di perderla, ho vissuto quel periodo in modo diverso, avevo infatti una certezza che prima non possedevo e questo mi è stato dato proprio da Dio.

L’Eterno è il baluardo della mia vita!

Mi chiamo Matilde ed oggi sono una donna adulta che ama il Signore.

Ma non è stato sempre così.

Sono nata in un paesino della Puglia, in una famiglia in cui parlare di Dio equivaleva a riferirsi alle pratiche tradizionali della religione di Stato.

Mi erano stato impartiti i Sacramenti fin dal Battesimo, però non frequentavo le funzioni a parte l’Oratorio di tanto in tanto.

In casa circolava molta letteratura di tipo marxista perché mio padre ed i suoi cugini s’interessavano alle vicende storiche dei movimenti operai.

Crescevo giocando con le bambole e leggendo i classici della letteratura per bambini: “Il giro del mondo in 80 giorni”, “David Copperfield”, “Piccole donne”, “Il libro della giungla” etc.

Per motivi legati ad un’impresa di famiglia, andai in collegio per le scuole medie.

Ero da sola.

Il luogo era pulito e confortevole, gestito da suore che ancora oggi ricordo con affetto.

C’erano tante bambine.

Per un periodo ci stette anche la figlia del mio dottore del paese e fu un po’ come se fosse arrivata mia sorella. Che bel momento.

In collegio frequentavo regolarmente le funzioni religiose e cominciai a cantare nel coro.

Mi piaceva il collegio anche se in certi momenti mi “mordeva” la nostalgia del calore familiare.

In collegio avevo portato qualche libro da casa che custodivo con cura.

Durante l’estate del primo anno, mi affezionai al “Capitale” di Carlo Marx ma lo abbandonai a favore dei libri della biblioteca di classe. Leggevo tanto, anche di notte e così vinsi per due anni un premio in denaro. Un anno, durante le vacanze di Natale ritornai in famiglia e mia sorella grande mi raccontò che lei, INVECE, stava leggendo la Bibbia.

COSA?

La Bibbia per me era “IL” libro sacro che usavano i sacerdoti.

Vedevo che le suore trattavano sempre il libro con grande rispetto.

Io leggevo i testi della Bibbia solo durante la messa e mia sorella… gla “usava”.

MAH.

Comunque dopo quella vacanza ritornai in collegio con un Vangelo che cominciai a leggere e, poco dopo, mi arrivò per posta una Bibbia in regalo.

Ricordo quanto fui stupita la prima volta che, ascoltando una lettura durante la messa, la riconobbi.

Fu un bel momento.

Leggere la Bibbia mi affascinava. C’erano storie d’amicizia, d’avventura, di lotte.

Ogni pagina era una scoperta. Andavo a cercare sull’Atlante i luoghi e nel Vocabolario le parole nuove. Questo mio interesse non passò inosservato ed una sera mi fu vietato di restare a leggere nello studio. Dopo qualche minuto scoprii che INVECE ad un’altra ragazza era stato permesso perché NON doveva leggere ma prepararsi per il compito che ci sarebbe stato l’indomani.

Dichiarai l’ingiustizia ed i toni si alzarono.

Restai nello studio e quella sera pregai una preghiera parlata, una preghiera del cuore,

così come avevo visto fare a mia sorella prima di dormire e dissi: «Signore non so chi sei. Non so quello ch’è giusto perché sono piccola. Se, però, è vero che tu puoi cambiare il mio cuore e lavare i miei peccati, TI PREGO, entra nella mia vita. Voglio appartenere a Te».

CHE BELLO!!! Che emozione.

Non ho mai trovato le parole giuste, quelle che potessero esprimere bene lo stato d’animo di quel momento. Allora, per la prima volta, sapevo che qualcosa era cambiato. Io mi ero rivolta a Dio e…

Aprii la Bibbia a caso e lessi:

“L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza, di chi temerò?

L’Eterno è il baluardo della mia vita, di chi avrò paura? “

Salmo 27.1

Ancora oggi queste parole hanno un peso speciale nel mio cuore.

Da quel giorno dicevo a tutte le persone che è importante leggere la Bibbia.

È stato così che ho scoperto “la cristianità”.

Le voci, le pratiche, i riti. Le tante sfaccettature di spiritualità che esistevano nel mio piccolo paese.

Parlando riconoscevo la mia ignoranza. Tutti avevano ragionamenti e paroloni importanti che in qualche modo mi confondevano.

PERÒ

“Il Signore è la MIA luce e la MIA salvezza”

Ne parlai con mia sorella che da qualche tempo frequentava, pur senza convinzione, un gruppetto di Testimoni della Torre di Guardia. Lei disse che NON le era del tutto chiaro quello che volevo PERÒ quello che le stavo dicendo rispetto alla mia esperienza personale le faceva ricordare le parole di una ragazza che aveva conosciuto da poco.

Questa ragazza era poco più grande di me, viveva solo con suo padre perché era figlia unica ed aveva perso da poco tempo la mamma malata di cancro.

Mi colpì il fatto che diceva: «Mia madre è andata con il Signore!»

NON le ho sentito dire mai: «Mia madre è morta».

Parlammo di questo e la sua fede radicata nelle promesse del Signore mi colpì moltissimo.

Mi colpì la luce dei suoi occhi mentre parlava di Gesù e di quanto fosse importante nella sua vita.

Oh! Finalmente avevo trovato qualcuno che poteva capirmi e, quando glielo dissi, lei sorridendo rispose: «Ci sono altre persone».

Io e mia sorella decidemmo di andare la domenica successiva ad una riunione.

L’appuntamento ci fu dato in una casa nuova. Arrivammo in anticipo e fummo accolte in una stanza a piano terra completamente vuota che piano piano venne riempita di sedie.

La riunione cominciò ed in tutto eravamo una decina di persone.

Era estate e faceva caldo. Ma che ci stavo a fare lì?

Mi guardai intorno e vidi che le persone erano serie, concentrate e sorridevano. Chiusi gli occhi e pregai. Alla fine della riunione condivisi con loro la mia esperienza ed ascoltai i loro racconti.

Ci guardavamo e ci scoprivamo uguali, illuminati dalla stessa luce, uniti nello stesso amore.

Non li ho più lasciati.

Naturalmente i miei genitori, quando videro la mia assiduità a queste frequentazioni, cercarono di farmi cambiare idea. Avevano paura che stessi facendo qualcosa di male. Questa loro diffidenza mi dispiaceva e ci furono momenti difficili.

Io dicevo sempre che frequentavo liberamente le riunioni, che si tenevano in luoghi NON chiusi a chiave e perciò, se non fossi stata bene, avrei potuto andare via in qualunque momento.

Oggi sono passati più o meno quarant’anni e NON mi sono mai pentita della mia scelta anzi, nell’ambito delle mie possibilità, incoraggio le persone ad avvicinarsi a Dio, a conoscerlo attraverso la Sua Parola, la Bibbia, e ad incontrarlo nella preghiera.

Io stessa, nella quotidianità, nelle scelte di vita, nelle priorità che mi sono data, ho fatto della fede un elemento basilare, la parte fondante di me stessa.

Oggi, come ieri…

“L’Eterno è il baluardo della mia vita”.

Un candidato improbabile – un PADRE meraviglioso!

Racconto volentieri la mia storia perché posso parlare di mio Padre. Perché è Lui l’artefice di quello che io sono, della mia essenza. E non mi riferisco a mio padre terreno, anche perché non ho mai sperimentato la presenza di un padre amorevole e affidabile. Sto parlando del mio Padre celeste!

Ma per fare questo, devo fare un passo indietro. Sono nata in una famiglia “particolare”. Particolarmente strana. I miei genitori hanno divorziato quando io avevo tre mesi di vita. Non ho conosciuto mio padre biologico. Non era un grosso problema per me, tanto non avevo conosciuto niente di diverso. Per me era normale avere solo una mamma. Poi mia madre si è risposata. Ed ora avevo un patrigno. Non era una persona cattiva, semplicemente per lui non esistevo. Non ho mai subito maltrattamenti fisici ma ero “trasparente”, invisibile. È nato mio fratello e ho tanti bei ricordi di noi due insieme. Ma c’era un problema. Io avevo un cognome, tutti gli altri della mia famiglia ne avevano un altro. Diciamo che mi sentivo estranea, non appartenente a loro. Purtroppo anche mia madre aveva dei problemi, fisici e mentali. Il suo secondo matrimonio era infelice e sicuramente il peso della vita quotidiana era eccessivo per lei. Si è rifugiata in dipendenze dalle quali era difficile uscire. Infatti più tardi le è stata diagnosticata una sindrome maniaco-depressiva.

A scuola i miei compagni raccontavano dei loro padri. E si vantavano. Ognuno pretendeva di avere il padre più forte, più capace, più ricco, più creativo, più divertente, più intelligente…ed io sempre zitta. Che cosa potevo raccontare? Che io un padre così me lo sognavo e basta?

Per mascherare la mia insicurezza e il mio disagio facevo l’indifferente.Tanto io non avevo bisogno di nessuno! Ero forte, io! Decidevo per me, non volevo interferenze da qualcuno, tanto meno da un genitore!

La cosa interessante però è che la questione “DIO” mi aveva sempre in qualche modo affascinata. E, chi cerca trova! Durante gli anni della mia formazione scolastica sono venuta in contatto con il GBU, i gruppi biblici universitari. Ho seguito gli studi, ruotato intorno a loro senza però lasciarmi coinvolgere veramente. La fede, per me, era una cosa bellissima, ma io non riuscivo a farla mia. Questo Dio in qualche modo lo vedevo lontano e disinteressato come mio padre o mio patrigno.

Poi sono venuta in Italia. Con un indirizzo in tasca. E guarda caso questo indirizzo era della mamma di un vero figlio di Dio! Un anziano di una delle chiese evangeliche della città dove volevo andare a studiare.

Quella persona, insieme a sua moglie, mi ha adottato, per modo di dire. Loro mi hanno fatto vedere come si VIVE la fede in Cristo. Non era una bella teoria, belle parole con un etica buona ed una morale lodevole. Per nulla! Con loro ho visto e toccato con mano cosa volesse dire avere un Padre in cielo, uno che ti ama, si interessa alla tua vita, uno che ti aiuta, ti sostiene, ti protegge, ti guida. Un Padre per cui sei immensamente prezioso! E tutto questo mi ha letteralmente stesa! Ancora adesso mi vengono le lacrime! Lacrime di gioia, di riconoscenza e di meraviglia.

Adesso anch’io ho un Padre. Uno con la P maiuscola! Un Padre che non mi deluderà mai, che non mi lascerà mai, che mi ha reputato così importante per mandare Gesù Cristo sul legno della croce per potermi adottare.

Ora mi posso vantare anch’io di avere un padre forte, anzi, il più forte! Adesso posso ammettere la mia debolezza perché tanto ho al mio fianco mio Padre fortissimo!Infatti il primo passo per poter sperimentare la sua potenza era proprio ammettere di averne disperatamente bisogno! Non era vero che ero autosufficiente. Leggendo la Parola di Dio ho scoperto che nessuno ha abbastanza forza per potersi confrontare con Dio. Siamo tutti piccoli, miseri, senza forza e le nostre pretese sono ridicole di fronte alla grandezza e la potenza di Dio! Ma CON Lui posso essere forte pure io!

Quante volte ho desiderato che ci fosse qualcuno che mi difendesse. Che fosse attento alla mia vita, che accorresse in mio aiuto quando ero in pericolo.

Adesso ce l’ho! In un mondo complicato, pericoloso, problematico, sofferente… io ho un porto sicuro! Ho una protezione CASCO! Protetta al 100%. Perché Dio, mio Padre non fa le cose a metà!

Mio Padre celeste mi conosce per nome e mi ha dato il suo nome! Quindi ora io appartengo, a tutti gli effetti, a Dio. Sono stata adottata, porto il suo nome e godo tutti i diritti di questa posizione. E il mio nome è inserito in un libro molto speciale, il libro della vita.

Mio Padre è il re, anzi il Re dei re. E io sono figlia di questo Re. E in quanto figlia, anche erede! Prima ero povera, adesso sono ricca! Ricca con Dio, ricca in Dio e ricca di Dio. Una ricchezza completa, perfetta.

Ma quale prezzo mio Padre celeste  ha pagato per rendermi tale? Un prezzo enorme! La morte sulla croce di Gesù Cristo, perfetto e senza peccato, che mi ha sostituito sulla croce. Io dovevo morire lì. Ma Lui lo ha fatto per me ed ora il mio tesoro è in cielo dove è al sicuro. Il miglior investimento per il futuro è aprire il conto in cielo!

E inoltre mio Padre sa aggiustare ogni cosa.Per Dio non esiste un danno irrimediabile finché siamo su questa terra. Lui riesce a riparare, risanare e ricostruire anche le vite e i cuori più rovinati e rotti. Se ci rivolgiamo a Lui, possiamo essere sicuri che tutto si rinnova. Io sono una nuova creatura. Non rattoppata, NUOVA!Io avevo un cuore a pezzi, pieno di ammaccature, ferite e difetti. Ora ho un cuore nuovo e ringrazio ogni momento della mia vita per l’opera di mio Padre che sa risanare anche le ferite più profonde e tremende!

Volevo un padre come tutti gli altri. E invece ho trovato il Padre migliore di tutti. Dio mi ha dato infinitamente di più di quello che avevo chiesto!

Concludo con l’ esclamazione  gioiosa di Giovanni che faccio anche mia: “Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo!” (I Giov 3:1)

“Tu non leggi la Bibbia, leggi libri che parlano della Bibbia”

Sono nata in una famiglia di tradizione cattolica e ricordo che la mamma era molto interessata a tutto ciò che riguardava Dio. Desiderava avere una Bibbia, ma un sacerdote le disse che era un libro all’indice quindi non si poteva leggere. Erano circa gli anni ’60.

Qualche tempo dopo i Testimoni di Geova si presentarono alla porta di casa e da loro ebbe una copia della versione Luzzi della Bibbia. Da allora vennero spesso a farle visita e a fare degli studi e, anche se nei primi anni non era possibile frequentarli con assiduità, nel corso del tempo hanno avuto un forte impatto sulla vita della nostra famiglia. Infatti, poco più che ragazzina, sono stata battezzata e sono diventata una Testimone di Geova attiva: partecipavo alle adunanze settimanali e andavo di casa in casa a distribuire riviste e libri. Col passare degli anni ero sempre più coinvolta, dedicando tanto tempo ed energie all’Organizzazione.

Finita la scuola superiore, mi misi alla ricerca di un lavoro ed ebbi l’occasione di frequentare un corso di linguaggio di programmazione per calcolatori, una cosa piuttosto nuova allora. Quando ci fu l’occasione di conoscere meglio il giovane insegnante, ebbi modo di spiegare la mia fede e lui mi disse di essere un cristiano evangelico, una realtà a me del tutto sconosciuta. Siccome entrambi credevamo che la Bibbia fosse la Parola di Dio, pensavo che fosse logico arrivare alle stesse conclusioni in materia di fede. Cominciammo così a confrontare ciò in cui credevamo ma spesso finivamo in sterili polemiche. Chiesi quindi ad un responsabile della mia Congregazione di parlare con lui e lo invitai a partecipare ad un incontro. Lui accettò a condizione che anche io mi recassi ad una chiesa evangelica ad ascoltare il Vangelo, cosa che feci. Nonostante tanti tentativi di trovare una linea comune di fede, ci trovavamo in disaccordo praticamente su tutte le cose importanti, per esempio la divinità di Gesù, la salvezza per fede, la vita futura dei credenti. Tutto questo avvenne nell’arco di due anni e ringrazio Dio di aver messo sulla mia strada una persona con un profondo amore per la Sua Parola e affetto e pazienza verso di me.

Il punto di svolta avvenne con una frase che mi fece riflettere: “Tu non leggi la Bibbia, leggi libri che parlano della Bibbia”. Cosi cominciai a leggere solo la Bibbia e nella lettera ai Romani capitolo 8 verso 9 lessi: “Se qualcuno non ha lo spirito di Cristo, egli non appartiene a Lui” e al verso 14 “infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio”. Questi versetti erano contrari alla dottrina dei Testimoni, i quali insegnano invece che ci sono due categorie di persone salvate, coloro che andranno in cielo, i cosiddetti Unti o 144.000 e coloro che vivranno su di una terra paradisiaca, chiamati la Grande Folla, che non hanno ricevuto lo Spirito Santo.

Mi resi conto di aver creduto in una dottrina di uomini e nonostante i miei sforzi di ubbidire a Dio non ero Sua figlia e non ero salvata. Da quel momento cominciai a mettere in discussione tutto ciò che mi era stato insegnato. Smisi di andare di casa in casa e di frequentare le adunanze. Anche le relazioni in famiglia ne risentirono e gli amici testimoni cessarono ogni relazione con me. Delusa e scoraggiata pregai: “Signore ho una gran confusione in testa, ma una cosa so per certo, che sei Dio e sei morto per i miei peccati e ti chiedo di salvarmi”. Mi dissociai dall’Organizzazione della Torre di Guardia e cominciai a frequentare regolarmente una chiesa evangelica in cui veniva insegnata solo la Bibbia.

A distanza di oltre 40 anni posso dire che il Signore è stato fedele, mi ha sostenuto, aiutato e guidato come promette nella Sua Parola e di questo Lo ringrazio. Oltre a questo mi ha permesso di conoscerlo in maniera personale come un buon Padre e so di essere diventata una Sua figlia.

“Tutto quello che mi era accaduto, era servito perché potessi conoscere Cristo.”

Mi chiamo Luca, pensavo di conoscere Dio fin da piccolo, perché dall’età di due anni sono stato affidato al collegio gestito da suore, a causa di una famiglia che, oggi, definiremmo allargata.

Mia madre era una donna ribelle: da giovane si sposò con un uomo molto più grande di lei, da cui nacque una bambina, ma poco dopo si lasciarono; successivamente conobbe quello che è stato mio padre, che era tuttavia un uomo sposato. Anche questo rapporto è durato poco, lasciando me e mia sorella in una situazione di sofferenza e per questo siamo stati messi in collegio fino ai miei otto anni.

In collegio sentivo parlare di Dio e di Gesù: ci portavano tutti i giorni alla messa, celebrata in latino, che ormai conoscevo a memoria e ho anche fatto la Comunione. Mi era stato insegnato a comportarmi bene e quando sbagliavo la soluzione era la confessione. Pensavo a Dio però come ad uno che mi controllava, sempre pronto ad accusarmi. Certo, le suore influenzavano molto questa mia idea, supportandola con punizioni e ripetendomi che Dio non mi perdeva mai d’occhio: la vivevo come una minaccia.

All’età di otto anni, il collegio chiuse e fui affidato a mio padre. Frequentavo la parrocchia, andavo a messa e qualche volta ho fatto anche il chierichetto.

Avevo circa quattordici anni quando mio padre si ammalò gravemente e morì poco dopo lasciandomi nuovamente solo. Non riuscivo a capire perché dovessi vivere tutte queste situazioni, lo ricordo moto bene, mi sentivo ferito. Ero cosciente del fatto che sarei dovuto tornare o in collegio o con mia madre, che però fino a quel momento non aveva mostrato nessun interesse per me.

Ero così arrabbiato con Dio da maledirlo, non volevo più sentire parlare di lui e non frequentai più la chiesa.

Ma sentivo nel profondo la presenza di Dio.

Conobbi una ragazza di nome Paola, che oggi è mia moglie, e da quel momento tutto cambiò; conobbi i suoi genitori, ero tutti giorni a casa loro e iniziai a frequentare la chiesa cristiana evangelica, che allora si trovava in via Benincasa, ma lo facevo solo per far piacere a questa ragazza. Ascoltando le loro prediche iniziai a farmi delle domande e trovai fratelli che mi aiutarono a comprendere che non potevo solo con i miei sforzi essere una persona “buona”, come avevo imparato in collegio.

Iniziai a guardare Gesù con occhi diversi, imparando dalla Scrittura, in particolare dai Vangeli, che non sarei potuto andare in Paradiso con le mie buone opere, ma che l’unica via era Cristo.

Nel tempo mi resi conto che tutto quello che mi era accaduto, in particolare la morte di mio padre, era servito perché io potessi conoscere Cristo.

Dio si è preso cura di me donandomi Nello e Bruna, i miei suoceri, che si sono occupati di me con amore come se fossi loro figlio ed è anche per merito loro e di mia moglie Paola che io sono diventato Figlio di Dio. Vorrei che la mia testimonianza fosse di incoraggiamento per i giovani che, vedendo accadere cose nella loro vita, non comprendono subito il piano di Dio per loro, ma Dio ha il controllo di ogni cosa.

Nonostante le nostre imperfezioni Dio ha mandato Cristo a morire per noi. Dobbiamo imparare a guardare ai difetti degli altri non con critica, ma con gli stessi occhi pieni di amore con cui Cristo ha guardato noi.

Vi lascio alcuni versetti che mi hanno aiutato a comprendere la mia posizione:

Rom. 3:23-24 

“Difatti, tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.”

 Giov. 10:28-29 

“(…) e io do loro la vita eterna, e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e nessuno può rapirle di mano al Padre.”